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Perché manca in Italia una protesta giovanile

Ciò che accade ai giovani fa parte della cronaca, ciò che fanno le nuove generazioni appartiene invece alla storia. Un Paese che vuole crescere, ma ancor più ha una propria visione di futuro da realizzare, trasforma i giovani da figli da proteggere a coorti di un esercito adeguatamente preparato e pronto a spingersi oltre i confini. Non per far guerra e invadere altri Stati, ma metaforicamente impiegato per una campagna di espansione delle opportunità e di conquista di nuovo benessere. Questo non significa, inoltre, che i singoli debbano essere guidati dall’alto verso obiettivi preordinati – anche perché ciò è sempre meno coerente con il modo di essere e di sentire nelle società moderne avanzate – ma che si possano considerare, con strumenti adeguati, parte attiva di un processo di ampliamento dello spazio di benessere comune.

Quel gap da colmare tra il desiderio e la realtà

 

Cosa possiamo augurarci di riuscire a far meglio nell’Italia del 2017 rispetto agli anni precedenti? Tra i vari fronti sui quali abbiamo perso terreno – non solo rispetto al resto del mondo sviluppato ma ancor più nei confronti di ciò che vorremmo e potremmo essere – quello a cui rivolgere il nostro miglior impiego di mezzi e risorse è forse l’ampio divario che si è creato tra desiderio e realtà nelle vite dei giovani. Gli ostacoli che incontrano le nuove generazioni nel realizzare i propri progetti personali e lavorativi vanno, infatti, considerati allo stesso tempo conseguenza e causa dell’indebolimento dei processi di crescita e cambiamento del paese.

Creativi, intraprendenti e cooperativi: così i giovani si guadagnano il lavoro

SE VOGLIAMO uscire dal quadro pessimistico dipinto nell’ultimo Rapporto Censis dobbiamo prima di tutto decidere se i giovani li consideriamo figli da proteggere con i risparmi privati dei genitori o membri delle nuove generazioni su cui investire come Paese, con generosità e intelligenza, per tornare a crescere.

Ripartono i matrimoni. Fine della crisi?

Nei novant’anni di storia del Paese raccontati dall’Istat, nato nel 1926 con il nome di Istituto Centrale di Statistica, il punto più basso dei matrimoni è stato toccato nel 2014 con meno di 190 mila celebrazioni. Nemmeno negli anni più bui della seconda guerra mondiale si era scesi così in basso. Molto vivace era stata, allora, la successiva ripresa. Dalle 215 mila nozze del 1944 si salì a oltre 385 mila nel 1948. Ma la vera “epoca d’oro del matrimonio” arriva successivamente e corrisponde agli anni che vanno dal 1956 al 1963. E’ una fase in cui l’intero paese si rialza, non solo per la ricostruzione, ma per l’inizio di un nuovo percorso di sviluppo che intreccia crescita economia, welfare in espansione, fiducia nel futuro. Assieme all’economia si alzano anche i matrimoni e, successivamente, le nascite.

Occupazione. Profit e non profit alleati per i giovani che non studiano e non lavorano

Il futuro possiamo metaforicamente pensarlo come una casa comune da costruire, progettata per essere bella e solida. Le nuove generazioni possono essere considerate come i mattoni principali per edificarla. In Italia ci troviamo, però, con almeno tre problemi riguardo a tali mattoni. In primis ne abbiamo di meno rispetto agli altri paesi: a causa della persistente denatalità la percentuale di under 30 nella nostra popolazione è la più bassa in Europa. In secondo luogo molti mattoni di pregio li regaliamo ad altri paesi: siamo, infatti, uno dei paesi sviluppati con maggior saldo negativo tra giovani qualificati che se ne vanno all’estero e quelli che tornano o attraiamo. La terza criticità riguarda il fatto che non solo abbiamo meno mattoni e ne perdiamo di più, ma ne sprechiamo anche di più.