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Il meglio per domani dal possibile di oggi

Le nuove generazioni, cresciute nella società del benessere, si trovano oggi in condizione di scarsità. I dati appena pubblicati dall’Istat, in un approfondimento appositamente dedicato agli under 35, confermano andamenti negativi in corso da troppi anni. Raccontano di un paese in cui i giovani sono sempre di meno, nel quale trovano limitate possibilità di lavoro di qualità e dal quale ne vanno sempre di più. Il risparmio privato delle famiglie italiane, mediamente più elevato rispetto agli altri paesi, è stato fortemente eroso dalla crisi ed è messo a dura prova dalla lunga dipendenza economica dei figli. Alto debito pubblico e accentuato invecchiamento della popolazione pongono dei vincoli alla spesa sociale da destinare a formazione e welfare attivo per i giovani. Come conseguenza le nuove generazioni rischiano di trovarsi con un presente di scarse risorse e ridotte opportunità, rinviando ad un incerto futuro prossimo la realizzazione dei propri progetti di vita e ad un indefinito futuro remoto la possibilità di raggiungere una pensione decente, come ribadito anche recentemente dal presidente dell’INPS.

Il cambiamento imposto non migliora le opportunità

Siamo esperti in Italia a trasformare le opportunità in vincoli. Non sapendo governare preferiamo obbligare. E’ vero che a volte il cambiamento va forzato, ma consentendo, nel caso, di arrivare preparati e con strumenti adeguati per gestirlo con successo. Questa attenzione non c’è stata, ad esempio, con la flessibilizzazione del mercato del lavoro. Con l’esito che l’occupazione giovanile non è migliorata e si è anzi espansa l’area grigia tra lavoro e non lavoro. Abbiamo così fatto scadere la flessibilità, potenzialmente positiva, in precarietà di vita. Se siamo un paese culturalmente resistente al cambiamento è anche perché la politica si è troppo spesso rivelata incapace di gestirlo in modo da ottenere vantaggi collettivi. Per crescere deve vincere il cambiamento di successo, quello che incoraggia scelte positive, non quello che complica la vita delle persone e induce reazioni difensive.

Fare, fiducia e futuro, tutte le “f” della felicità

Se c’è una cosa che tutti vogliamo è essere felici. Nessuno ha però ben chiaro cosa sia veramente la felicità, come la si ottenga e come misurarne la quantità posseduta. La salute e il benessere materiale aiutano, ma non sono garanzia di felicità. Le fiabe sono piene di principesse giovani e belle ma tristi.

Il concetto è difficile da tradurre in modo operativo perché molto soggettivo e perché, per il suo  forte impatto evocativo, il termine tende ad essere inflazionato. Esistono disparati indicatori proposti per misurare la felicità di un paese o di una città, che però hanno alla base più una riflessione su cosa la ricchezza economica non misura anziché su come la felicità possa essere misurata. Nel migliore dei casi si tratta quindi di indicatori di benessere che includono anche la dimensione non materiale e soggettiva.

Includere oggi per innovare meglio domani

Milano è senz’altro una metropoli complessa e piena di contraddizioni, ma appare sempre più anche una città che incoraggia  ad esprimersi e invita a formare aspettative positive verso il futuro. La cronaca presenta crescenti esempi di un protagonismo civico dal basso che attraversa tutte le età e le categorie sociali. In particolare, i dati di Ciessevi hanno registrato un aumento di quasi il 20 percento negli ultimi dieci anni delle persone che fanno volontariato.

Dal fallimento delle startup la chiave della crescita

L’Italia deve ripartire dopo un periodo di bassa crescita interrotto da una prostrante crisi ormai quasi alle spalle. Ma da dove e come ripartire?  Tra le poche e confuse idee che circolano sulla risposta da dare, le convinzioni più forti indicano come fattore di traino per il rilancio le aree economicamente più dinamiche e le nuove generazioni. Sul come fare le idee sono ancora meno chiare ma si sta imponendo sempre di più la tesi che la punta avanzata della soluzione per far ripartire l’Italia attraverso i giovani siano le start-up. Il paese che ha il record di Neet e di Expat che non ritornano, ritrova ottimismo quando restringe lo sguardo su quelle parti del territorio in cui una quota molto ristretta di giovani riesce a far diventare un’idea innovativa una impresa di successo. Teniamo però presente che di giovani noi ne abbiamo meno degli altri paesi. Consideriamo poi che la percentuale di laureati tra i giovani è più bassa in Italia rispetto al resto del mondo avanzato. Aggiungiamo, infine, che i ragazzi con idee innovative sono una piccolo sottoinsieme e che solo una idea su dieci sopravvive e una su cento raggiunge davvero il successo.