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Meno nati, meno attivi?

L’indicatore che misura il rapporto tra anziani e popolazione in età attiva (indice di dipendenza degli anziani) è uno di quelli guardati con più attenzione dalle economie avanzate. Se tale rapporto aumenta significa che nella bilancia demografica il peso si sposta dal piatto dell’età in cui si fa crescere l’economia (e si fa funzionare il sistema di welfare) a quello dell’età in cui maggiormente si assorbono risorse pubbliche per assistenza sanitaria e pensioni. I dati ci dicono che il rapporto tra over 65 e popolazione tra i 20 e i 64 anni nella popolazione mondiale è salito da valori attorno al 10% nel 1960 al dato attuale superiore al 15%, con la prospettiva di arrivare oltre il 28% nel 2050 secondo lo scenario centrale delle Nazioni Unite (World Population Prospects 2019).

Smartworking: da ripiego a risorsa

La pandemia ci ha collocati in una condizione di tempo sospeso. Molte cose che si potevano fare prima non sono più possibili. Molte altre che vorremmo, invece, organizzare in modo diverso non sono ancora pienamente praticabili. Già, però, prima dell’emergenza sanitaria si discuteva del fatto che l’entrata nel nuovo millennio ci collocava tra un “non più” da lasciare nel Novecento e un “non ancora” coerente con le trasformazioni in atto ma non facile da riconoscere, far emergere nel modo migliore e consolidarsi.

Un’anomalia da correggere con il piano di rilancio

L’Italia di inizio 2022 è uno dei paesi in Europa con più debole presenza delle nuove generazioni nei luoghi in cui si è messi nelle condizioni di contribuire alla crescita e allo sviluppo economico. Ma anche con meno giovani presenti nelle classi scolastiche fino a completare il percorso di istruzione secondaria di secondo grado, oltre che nelle aule universitarie fino a raggiungere con successo la laurea o un titolo di formazione terziaria professionalizzante (fornita dagli Istituti Tecnici Superiori).

Giovani: Italia, la peggiore in Europa

Esiste un’ampia variabilità in Europa di incidenza dei NEET (i giovani non occupati e non inclusi in alcun percorso formativo). All’estremo inferiore troviamo i Paesi Bassi con un valore pari all’8,2 percento nella fascia tra i 20 e i 34 anni, mentre a quello superiore è saldamente assestata l’Italia con il 29,4 percento. I giovani italiani presentano, quindi, un rischio di trovarsi nella condizione di NEET pari a 3,6 volte rispetto ai coetanei olandesi. A mettere in luce questo divario è il report Eurostat “Statistics on young people neither in employment nor in education or training” pubblicato online a giugno 2021 (con dati aggiornati al 2020).

Lavoro di qualità per arginare la crisi demografica

La popolazione europea si è fermata e sta entrando in fase di declino. All’inizio del 2021 vivevano nell’Unione Europea poco meno di 450 milioni di persone. Si tratta di 312 mila in meno rispetto al 1° gennaio 2020. Il paese che ha contribuito maggiormente a tale riduzione è stata Italia (-384 mila). La popolazione del pianeta continua invece ad aumentare, pur a ritmi rallentati rispetto al secolo precedente e in modo molto differenziato al suo interno. Nella seconda metà del XXI secolo la spinta della crescita demografica mondiale, sempre più limitata al continente africano, andrà progressivamente ad esaurirsi. Nel frattempo la popolazione diventerà sempre più anziana, come conseguenza del declino delle nascite e dell’aumento della longevità. Gli over 65, che per tutta la storia dell’umanità fino alla fine nel millennio appena concluso avevano un peso demografico inferiore al 5 percento, entro il 2100 arriveranno ad essere circa il 22 percento, ovvero il valore che l’Italia ha già oggi.