Educare all’errore per imparare a scegliere

I genitori italiani sono grandi esperti nel riversare sui figli i propri timori ma poco in grado di far da guida nelle loro scelte. Il ruolo di padri e madri è certamente complicato dal fatto che i vecchi punti di riferimento non valgono più o hanno cambiato significato.  Nella società complessa e in continuo mutamento in cui viviamo, valide opportunità e rischi insidiosi si intrecciano in un groviglio non facilmente districabile. Diventa, di conseguenza, sempre più difficile valutare le opzioni disponibili e soppesarne le implicazioni. Questa crescente incertezza – se non gestita con adeguati strumenti culturali e sociali – può generare insicurezza con l’esito di inceppare i meccanismi del processo decisionale.

Il Paese di Vita breve e il Paese di Vita lunga

Si sente spesso dire che l’invecchiamento è un fenomeno positivo perché significa che viviamo tutti più a lungo. Non è esattamente così: longevità e invecchiamento non sono la stessa cosa. Il termine “longevità” indica il fatto che la durata della vita si allunga e si diventa quindi vecchi più tardi.

 

L’invecchiamento della popolazione è invece il processo che fa crescere il peso demografico degli anziani. Il fatto che la popolazione invecchi non implica necessariamente che si viva più a lungo, ma semplicemente che le generazioni più mature hanno una consistenza numerica maggiore rispetto a quelle più giovani. La sovrapposizione semantica tra i due termini genera quindi confusione e va evitata.

La longevità è il processo che porta l’evento morte a essere vissuto sempre più tardi. Dato che, come recita l’antico detto, “per morire c’è sempre tempo”, tale processo è considerato generalmente positivo perché ci consente di non essere sbalzati fuori troppo precocemente dalla giostra della vita. La questione diventa semmai come goder bene del tempo extra conquistato.

Diversamente dalla longevità, l’invecchiamento della popolazione tende invece a essere più un problema che un vantaggio e va quindi adeguatamente gestito. Per rendercene conto basti pensare che le persone possono solo invecchiare mentre una popolazione può sia invecchiare (quando le nuove generazioni diminuiscono rispetto alle più vecchie) che ringiovanire (quando accade il viceversa).

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La meritocrazia è solo retorica senza pari opportunità

“Serve più meritocrazia” è una affermazione che si trova spesso nel dibattito pubblico italiano. Il termine “meritocrazia” è però controverso e sovente utilizzato in modo ambiguo, prestandosi facilmente a fraintendimenti e quindi a polemiche fumose. Viene, infatti, spesso impiegato rimandando a concetti diversi dai vari interlocutori, in funzione della tesi che si vuole sostenere.

Il grande vuoto: migrazione record e crollo delle nascite

Supponiamo che le nuove generazioni non lavorino e non facciano figli. Che cosa accade? Via via nel tempo l’economia implode, la società si disgrega, la popolazione si estingue. Supponiamo invece di mettere i giovani nelle condizioni di essere ben formati, di esprimere al meglio il proprio potenziale e di realizzare pienamente i propri obiettivi professionali e di vita. Cosa succederebbe? Via via nel tempo l’economia comincerebbe a decollare, la società a rinsaldarsi, la demografia a rivitalizzarsi. L’Italia, ma ancor più il Mezzogiorno, è attualmente una delle aree in Europa più vicine al primo drammatico scenario. Presenta, infatti, uno dei più bassi tassi di occupazione giovanile e una delle più accentuate cadute della fecondità sotto i 30 anni. E’ possibile avere qualche speranza di andare invece verso il secondo scenario? Due dati in questo senso sono incoraggianti. Il primo è il fatto che se il numero di figli realizzati è al ribasso, il valore dato alla famiglia rimane alto e la preferenza è quella di avere almeno due figli. Questo vale, come confermano molte ricerche, anche per le nuove generazioni e le giovani coppie. Il che significa che, dal punto di vista demografico, stiamo dando molto meno di quanto potremmo, vorremmo e sarebbe utile per una crescita più equilibrata. Ci sono quindi margini notevoli per migliorare con le politiche giuste. Il secondo dato incoraggiante è dato dall’impulso che può fornire il capitale umano delle nuove generazioni se ben utilizzato nel territorio d’origine. Attualmente molti giovani decidono di andare all’estero per cercare migliori opportunità di realizzazione. Le esperienze possono essere di vario tipo, ma in molti casi tali ragazzi dimostrano di essere intraprendenti, dinamici, ben preparati e in grado di raggiungere risultati importanti. Di fatto è come coltivare bene un terreno, crescendo e formando i giovani, per poi lasciare che diano altrove i loro migliori frutti. Quantità e qualità delle nuove generazioni vanno quindi rimesse in relazione positiva con le opportunità di sviluppo del territorio. Invertire il circolo vizioso è ancora possibile, ma più si tarda a farlo e più diventa difficile riuscirci.  Più i giovani rimangono all’estero più infatti diventa difficile riattrarli. Inoltre il processo di emigrazione si autoalimenta attraverso il trasferimento di informazioni ed esperienze. Rischia di radicarsi inoltre l’idea che rimanere qui significa solo rassegnarsi. E’ questa convinzione che va combattuta attraverso iniziative e politiche efficaci, in grado di ristabilire fiducia nella possibilità di migliorare la propria condizione in un contesto che ti supporta con strumenti idonei.

Un portale pubblico dei cervelli in fuga

Il compito principale della politica dovrebbe essere quello di mettere le nuove generazioni nelle condizioni di esprime al meglio le proprie potenzialità. E’ triste continuare a constatare che questo potenziale i giovani italiani riescono invece ad esprimerlo al meglio quando escono dai confini nazionali. Ad andarsene sono sempre di più anche i neodottori negli indirizzi tecnico-scientifici e nelle aree più avanzate del paese. Lo confermano i dati dell’ultimo Rapporto Specula sui laureati lombardi, ove si afferma inoltre che  essi “si adattano ad ogni occasione, ma sono anche sempre più pronti ad intraprendere nuove strade, alla ricerca di migliori possibilità”. Tra le nuove strade intraprese – per portarsi il più lontano possibile dalla rassegnazione – c’è sia chi cerca di inventarsi qualcosa di nuovo per far fruttare il proprio talento in Italia sia chi si sposta alla ricerca di territori più fertili.