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Creativi, intraprendenti e cooperativi: così i giovani si guadagnano il lavoro

SE VOGLIAMO uscire dal quadro pessimistico dipinto nell’ultimo Rapporto Censis dobbiamo prima di tutto decidere se i giovani li consideriamo figli da proteggere con i risparmi privati dei genitori o membri delle nuove generazioni su cui investire come Paese, con generosità e intelligenza, per tornare a crescere.

Calo delle nascite. I rischi di un Paese senza fiducia nel futuro

I dati più recenti dell’Istat sulle nascite dovrebbero preoccuparci seriamente, perché – sia guardando alle cause che alle conseguenze – ci dicono che stiamo smantellando le basi su cui ogni società fonda la speranza di un proprio futuro migliore. Il succedersi delle generazioni è l’elemento chiave della dinamica demografica e quindi della continuità del genere umano. Ogni generazione produce, nel corso del proprio corso di vita, beni materiali ed immateriali. Ma c’è un bene ancora più importante rispetto ai flussi economici, sociali e culturali intergenerazionali, si tratta, appunto, dalle nuove generazioni stesse. I membri delle nuove generazioni sono le pietre con le quali una comunità costruisce il proprio solido ponte tra l’oggi e il domani: si possono immaginare le merci più belle e preziose da trasportare, ma se il ponte rimane incompiuto, non potranno mai giungere ad alcuna desiderata destinazione futura.

Oltre due milioni di Neet: serve un piano

Il tasso di disoccupazione giovanile è salito negli ultimi anni ai livelli più alti del secondo dopoguerra. Bene che i dati più recenti vedano una interruzione della crescita e qualche segnale di contenimento. La situazione continua però ad essere oltre il livello di guardia. Il principale indicatore adottato dall’Unione europea come misura dello spreco del potenziale delle nuove generazioni è il tasso di Neet.

Occupazione. Profit e non profit alleati per i giovani che non studiano e non lavorano

Il futuro possiamo metaforicamente pensarlo come una casa comune da costruire, progettata per essere bella e solida. Le nuove generazioni possono essere considerate come i mattoni principali per edificarla. In Italia ci troviamo, però, con almeno tre problemi riguardo a tali mattoni. In primis ne abbiamo di meno rispetto agli altri paesi: a causa della persistente denatalità la percentuale di under 30 nella nostra popolazione è la più bassa in Europa. In secondo luogo molti mattoni di pregio li regaliamo ad altri paesi: siamo, infatti, uno dei paesi sviluppati con maggior saldo negativo tra giovani qualificati che se ne vanno all’estero e quelli che tornano o attraiamo. La terza criticità riguarda il fatto che non solo abbiamo meno mattoni e ne perdiamo di più, ma ne sprechiamo anche di più.

I giovani chiedono un’Europa più unita

Esistono tre diverse Europe. La prima è quella che abbiamo conosciuto sinora, bocciata dal referendum britannico. La seconda è quella degli stati disuniti d’Europa, ovvero del progressivo ritorno ai vecchi confini. La terza è quella di un vero e convincente rilancio. Un’Europa di successo ha bisogno delle nuove generazioni, ma è anche vero che un futuro di successo per le nuove generazioni è più facile ottenerlo con un’Europa forte. Questa è una consapevolezza che i giovani hanno in larga misura chiara, come conferma la ricerca dell’Osservatorio giovani dell’Istituto Toniolo, commissionata dall’Agenzia nazionale giovani, basata sui dati di un’indagine internazionale rappresentativa della popolazione tra i 18 e i 32 anni. La rilevazione è stata condotta a metà luglio, quindi a poche settimane da Brexit, nei sei paesi europei demograficamente più rilevanti: Germania, Francia, Regno Unito, Italia, Spagna e Polonia.

I dati mostrano una valutazione critica degli intervistati su come il progetto europeo è stato sinora interpretato e realizzato, ma anche una netta convinzione che quella dei paesi smembrati che mandano in ordine sparso le nuove generazioni verso il futuro, non sia la soluzione auspicabile.